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Negli ultimi anni, i calendari del calcio nazionale e internazionale sono diventati sempre più fitti, suscitando preoccupazioni tra giocatori, allenatori e tifosi. L'incremento delle competizioni e il cambio di alcuni format hanno portato ad un notevole accumulo di impegni per i calciatori, che raramente riescono ad avere una settimana di riposo tra una partita e l’altra.
Si gioca ormai ogni tre giorni e chi ne paga le conseguenze sono proprio i calciatori, sempre più esposti al rischio di infortuni seri, come stanno dimostrando i dati empirici. È per tale ragione che le proteste da parte dei top player sono diventate sempre più frequenti.
Nel corso dell’assemblea dell’ECA tenutasi giovedì scorso, in merito alla questione dei calendari sempre più fitti si è espresso in prima persona il presidente dell’Uefa Aleksander Ceferin, in primis riconoscendo che si è raggiunto un alto grado di affollamento.
“Dobbiamo riconoscere che il calendario delle partite ha raggiunto la sua capacità massima. Abbiamo raggiunto i limiti. L'impatto non è lo stesso: alcuni club hanno molto carico ma molti altri hanno molta capacità. Per le squadre più in difficoltà non c'è spazio per altro”, ha spiegato Ceferin.
Poi, il dibattito si è spostato anche sulle minacce di scioperi da parte di alcuni dei principali protagonisti del calcio internazionale. Da Courtois a Rodri, passando per De Bruyne, sono sempre più i calciatori che si sentono “sfruttati” e non tutelati dalla stessa Uefa. Il presidente, però, non è dello stesso parere e ha risposto per le rime: "Devo dire: chi si lamenta? Quelli che hanno gli stipendi più alti e quelli che hanno 25 calciatori di altissimo livello. Quelli che guadagnano meno e hanno appena undici giocatori non si lamentano e amano giocare".
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