L'intervista

“Ho nascosto la mia sessualità per paura”: la confessione di un ex arbitro

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L'ex direttore di gara descrive le difficoltà personali vissute nel mondo del calcio
Luca Quadraro

Sono gay e ho lottato a lungo per sentirmi orgoglioso di essere me stesso.” Con queste parole, David Coote, ex arbitro della Premier League, ha rivelato per la prima volta pubblicamente la propria sessualità. Una confessione sofferta, arrivata dopo anni di silenzio e paura. “Ho ricevuto insulti terribili durante la mia carriera come arbitro, e aggiungere la mia sessualità a tutto questo sarebbe stato davvero troppo difficile.”

Coote, che ha diretto più di 100 partite nella massima serie del calcio inglese, ha parlato apertamente della pressione vissuta durante la sua carriera e di come il peso del segreto abbia influito negativamente anche sulla sua vita personale. "Nascondevo le mie emozioni e la mia sessualità: una qualità utile per un arbitro, ma devastante per una persona."

Il passato che lo ha segnato

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A soli 21 anni, Coote ha trovato il coraggio di fare coming out con i genitori, mentre ha aspettato altri quattro anni prima di confidarsi con gli amici. Ma il mondo del calcio, spesso ostile e conservatore, ha contribuito a creare una barriera emotiva che lo ha portato a celare la sua identità per gran parte della sua carriera. “Non sto raccontando una storia autentica se non dico che sono gay e che ho avuto grandi difficoltà a convivere con questo segreto.”

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Abusi e minacce: il lato oscuro del calcio

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La confessione di Coote arriva in un momento in cui il mondo arbitrale è sempre più sotto attacco. Solo pochi giorni fa, il collega Michael Oliver ha ricevuto minacce di morte dopo una partita della Premier League, un episodio che ricorda quanto sia ancora fragile la sicurezza di chi lavora nello sport professionistico. Coote stesso ha rivelato di aver vissuto situazioni simili: minacce rivolte a lui e persino alla sua defunta madre, al punto da dover installare un sistema di sicurezza avanzato nella sua abitazione per proteggersi.

Un racconto di rinascita

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Nonostante il licenziamento dalla Professional Game Match Officials Limited (PGMOL) a dicembre, Coote ha trovato il coraggio di affrontare il suo passato e di prendersi la responsabilità delle sue azioni. “Questo è stato uno dei periodi più difficili della mia vita. Prendo piena responsabilità per ciò che ho fatto e per l’ombra negativa che ho gettato sul calcio, ma spero che la gente capisca che quegli errori sono stati commessi in momenti di grande sofferenza personale.”

Lo storytelling di una vita nascosta

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David Coote è un uomo che ha vissuto per anni in bilico tra due realtà: quella pubblica di arbitro della Premier League e quella privata di un uomo in lotta con se stesso. Cresciuto con un “profondo senso di vergogna” durante l’adolescenza, il giovane Coote si è trovato a nascondere le sue emozioni per non mostrare alcun punto debole. Ma quel senso di repressione si è trasformato, col tempo, in un dolore sempre più difficile da sopportare.

🚨 Referee David Coote has been sacked, PGMOL confirms.

“Actions were found to be in serious breach of the provisions of his employment contract, with his position deemed untenable. Supporting David Coote continues to be important to us and we remain committed to his welfare”. pic.twitter.com/FW8g2H2la0

— Fabrizio Romano (@FabrizioRomano) December 9, 2024

 

Un esempio di coraggio

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Oggi, la sua storia è un messaggio potente. In un mondo come quello del calcio, dove spesso prevalgono pregiudizi e mascolinità tossica, Coote ha deciso di rompere il silenzio, non solo per se stesso, ma per chiunque si trovi in una situazione simile. "Gli sportivi sono spesso visti come invincibili, ma siamo esseri umani. Nascondere ciò che siamo ci allontana dagli altri e, soprattutto, da noi stessi."

Una lezione per il futuro

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La vicenda di David Coote solleva interrogativi fondamentali sul ruolo dell’inclusione nel calcio e nello sport in generale. La sua testimonianza non è solo un atto di coraggio personale, ma un invito a rendere il mondo dello sport un luogo più sicuro per tutti, dove il rispetto e l’accettazione siano al centro.