C’è una città al mondo dove il calcio non è solo sport, ma fede, identità, battito del cuore collettivo. Una città divisa da un fiume, da colori, da canti. Una città dove ogni derby non è mai solo una partita. È guerra, è storia, è sacro e profano. ÈRangers-Celtic a Glasgow. Quando Rangers e Celtic si guardano negli occhi, il tempo si ferma. Le strade si svuotano, i pub si riempiono, i cuori accelerano. È l’Old Firm. Un duello che non conosce tregua da oltre un secolo. Una sfida che ha scritto pagine infuocate nella leggenda del calcio, alimentata da appartenenze religiose, politiche, sociali. Cattolici contro protestanti, verdi contro blu, est contro ovest.
L'intervista
ESCLUSIVA Rangers-Celtic, Annoni: “Da Laudrup a Larsson, vi racconto l’Old Firm”

Domenica 4 maggio 2025, si aggiungerà un nuovo capitolo a questa saga infinita. Il Celtic ha già festeggiato il titolo ma in Scozia non esistono partite “inutili” quando si affrontano queste due squadre. I Rangers vogliono vendetta, orgoglio, rivalsa. I biancoverdi vogliono ribadire la propria superiorità. E il popolo di Glasgow, da entrambe le sponde, vuole una battaglia. Sarà un Rangers-Celtic intenso.
In mezzo a questo mare in tempesta, c’è chi questa rivalità l’ha vissuta sulla propria pelle. Uno che ha affrontato l’inferno di Ibrox e il boato del Celtic Park con la grinta di un leone. Parliamo di Enrico Annoni, per tutti “Tarzan”. Difensore roccioso, cuore italiano e spirito scozzese, diventato simbolo del Celtic a fine anni ’90. Dalla Serie A con Como, Torino e Roma, alla Scozia più viscerale, Annoni è stato testimone diretto della passione travolgente dell’Old Firm. Lo abbiamo incontrato, alla vigilia dell’ennesimo Rangers-Celtic, per farci raccontare cosa significa davvero indossare la maglia biancoverde quando Glasgow brucia.
Rangers-Celtic: Annoni in incognito a Glasgow
—Enrico, è vero che per firmare con il Celtic arrivasti a Glasgow sotto falso nome e soggiornasti in hotel in gran segreto per evitare che i Rangers scoprissero tutto? Ci racconti com'è andata davvero quella trattativa e com'è stato vivere quei giorni un po’ da "agente segreto"?
"Sì, è tutto vero. Sono arrivato all'aeroporto di Glasgow in incognito. Mi sono venuti a prendere con un pulmino con i vetri oscurati direttamente sotto l’aereo, e mi hanno portato in hotel. Mi hanno sistemato in una camera sotto un altro nome e mi hanno detto di non uscire fino alla mattina successiva, perché dovevamo andare a firmare il contratto in sede. Quel giorno ho praticamente mangiato sempre in camera: mi portavano tutto lì. Poi, la mattina dopo, siamo andati in sede a firmare. Una volta firmato, fuori c’erano una marea di fotografi pronti a scattare le foto".
"Anche in quel momento mi hanno detto di aspettare, perché quella non doveva essere ancora la presentazione ufficiale. Comunque, in qualche modo, la notizia era già trapelata. È stato molto strano, perché nessuno mi aveva avvisato, nemmeno il mio procuratore lo sapeva. Alla fine, però, è stata un’esperienza divertente e, devo dire, anche abbastanza eccitante".
Solo 16 presenze nella stagione 1997-98, ma un impatto decisivo: hai contribuito a interrompere l’incredibile striscia di 9 titoli consecutivi dei Rangers. Quanto sentivate il peso di quella missione nello spogliatoio, e ti sei mai reso conto di quanto sia storica quella stagione per i tifosi del Celtic?
"Adesso non ricordo le presenze. So che sono arrivato a febbraio, e c’era un allenatore che si chiamava Tommy Burns. In quell'anno sembrava che avessimo tutte le carte in regola per vincere, ma alla fine lo hanno vinto i Rangers. L’anno successivo è arrivato un allenatore olandese che si chiamava Wim Jansen, era stato anche nella nazionale olandese. Come ripeto, non ricordo le presenze in modo preciso, però i derby li ho giocati tutti. Quell’anno è stato uno spettacolo, perché abbiamo fermato la marcia dei Rangers. Non sentivamo il peso, perché eravamo molto concentrati nel raggiungere l’obiettivo. Inoltre devo aggiungere che è molto meno stressante giocare all’estero, quindi non c’è tutto questo peso che si può immaginare. Mi sono reso conto di aver fatto una cosa veramente eccezionale, anche perché, ancora oggi, quando vado a Glasgow, c’è chi si ricorda di quel campionato e di quel periodo".
Durante la tua esperienza in Scozia, qual era l’avversario in Rangers-Celtic che ti metteva più in difficoltà o di cui avevi più rispetto? C’era qualcuno che ti faceva pensare: ‘oggi devo stare davvero sul pezzo’?
"Il primo avversario che ho marcato in Rangers-Celtic è stato Brian Laudrup, nel derby contro i Rangers. Ti dico, lui è stato uno di quelli abbastanza pericolosi, tosti. Poi c'erano anche Mark Hateley e McCoist, nazionale scozzese e l’idolo della squadra. Inoltre quell’anno c’era anche Marco Negri, che era arrivato dal Perugia. Oltre a lui erano arrivati altri calciatori italiani nei Rangers".
🏆 CHAMPIONS AGAIN!
Celtic are crowned Champions of Scotland for the fourth season in a row!
Huge congratulations to Brendan Rodgers and the Bhoys 👏#FOURItsAGrandOldTeam | #CelticFC🍀🏆 pic.twitter.com/bDnQH2baov
— Celtic Football Club (@CelticFC) April 26, 2025
Rangers-Celtic e gli altri derby di Annoni
—Henrik Larsson e Mark Viduka sono stati due dei più grandi attaccanti a vestire la maglia del Celtic. Avendo giocato con entrambi, puoi raccontarci qualche aneddoto su di loro, sia in campo che fuori? Cosa rendeva così speciali come calciatori e qual è stato il loro impatto sulla squadra?
"Diciamo che Henrik Larsson era una spanna superiore a Viduka come attaccante. Era davvero quello che faceva impazzire tutti. Simpaticissimo anche fuori dal campo, ed era forte anche in campo. Infatti, poi da lì è andato al Barcellona, ma ancora oggi è un idolo. Mark, invece, era il classico centravanti alto e potente, di quelli che vanno a fare battaglia su ogni pallone. Il loro impatto è stato importante, perché comunque sono stati determinanti per arrivare alla vittoria".
Ci sono Rangers-Celtic che ricordi in modo particolare, magari per l'intensità della partita o per un episodio che ti ha segnato? Come vivevi queste sfide così cariche di rivalità e tensione?
"Quanto ai ricordi, è difficile sceglierne uno in particolare. Ogni Rangers-Celtic aveva qualcosa di speciale. Si trattava di sfide sentite non solo dal punto di vista sportivo, ma anche religioso. Il Celtic rappresentava la comunità cattolica, mentre i rivali erano legati alla tradizione protestante. Questo contribuiva ad accendere ulteriormente gli animi. La tensione si percepiva chiaramente già entrando in campo: bastava guardare lo stadio per sentirla".
Enrico, da chi ha vissuto il derby di Roma da protagonista e poi si è ritrovato catapultato in un contesto totalmente diverso come quello dell’Old Firm, quali differenze hai percepito tra le due sfide? Cosa significa davvero, dal punto di vista emotivo e culturale, per un tifoso del Celtic affrontare i Rangers in una partita che va ben oltre il calcio?
«Ho avuto la fortuna di vivere diversi derby importanti nella mia carriera: quello di Roma, quello di Torino, il derby marchigiano Ascoli–Sambenedettese, ai tempi della Serie B e naturalmente il sentitissimo Rangers–Celtic in Scozia. Se devo indicarne uno in particolare, direi che il derby di Roma è stato il più intenso emotivamente. Lì lo vivi ogni giorno, anche fuori dal campo. Bastava fare due passi in centro o andare al supermercato per sentirsi ricordare dai tifosi: "Mi raccomando, il derby, aho!" Era un continuo caricarsi, ti trasmettevano la tensione e l'importanza della partita in ogni momento".
"A Glasgow, invece, pur essendo un derby storico e acceso, l’ho vissuto con la stessa intensità ma con meno pressione, forse perché ero uno straniero e non sentivo sulle spalle quel tipo di responsabilità culturale. Anche Torino e Ascoli hanno derby molto sentiti, ma il derby tra Celtic e Rangers ha una componente unica: non si tratta solo di calcio, ma entra in gioco anche un fattore religioso, con i Celtic identificati come la squadra cattolica e i Rangers come quella protestante. Questo aspetto aggiunge un livello di tensione che si percepisce già al momento di entrare in campo".
Con il Celtic già campione di Scozia, credi che affronterà comunque l’Old Firm contro i Rangers come se fosse una finale? Conoscendo l’importanza storica e identitaria di questa sfida, pensi che il contesto possa mai ridurne l’intensità, oppure resta sempre una battaglia totale a prescindere da classifica e trofei?
"Anche il prossimo derby, nonostante il campionato sia già stato vinto, sarà una sfida carica di significato. I Rangers vorranno dimostrare di poter battere i Celtic campioni, mentre i Celtic vorranno confermare la loro supremazia. Sarà una partita densa di emozioni, come lo è sempre stata, a prescindere dalla classifica".
Annoni tra Celtic e presente
—Oggi, a distanza di anni dalla tua carriera al Celtic, segui ancora le sorti del club? Hai contatti con ex compagni di squadra o tifosi? Qual è il tuo rapporto attuale con il Celtic e con la Scozia in generale?
«Seguo ancora il Celtic con grande affetto. I tifosi sono eccezionali, spettacolari, e restano uno dei motivi per cui mantengo un legame forte con quella realtà. Con alcuni ex compagni, come Paul Lambert, Henrik Larsson, Regi Blinker, ci sentiamo ogni tanto tramite i social, ci scambiamo messaggi. Quando partecipo a qualche partita di beneficenza come ex del Celtic, capita di ritrovarsi: è sempre un bel momento per rivedere vecchi amici e condividere ricordi. La Scozia è un Paese che porto nel cuore. Quando sono stato lì, mi sono trovato benissimo: mi piace molto l’ambiente, la cultura, la gente".
Se dovessi fare un bilancio della tua carriera, quale momento ricorderesti con maggiore affetto, sia come giocatore che come allenatore?
"Se faccio un bilancio della mia carriera, posso dire che ho vissuto tanti momenti belli. L’esordio con il Como, la firma con la Roma, la finale di Coppa Uefa, la vittoria della Coppa Italia, proprio contro la Roma, sono tutte tappe che ricordo con grande emozione. Anche da allenatore ho avuto soddisfazioni, come la salvezza conquistata con il Catania insieme a Dario Marcolin. È stata un’impresa significativa".
Quali sono oggi i tuoi progetti presenti e futuri, dentro o fuori dal mondo del calcio?
"Oggi mi godo la vita in modo più tranquillo. Ho imparato a gestirmi, a seguire le mie passioni. Subito dopo il ritiro mi sono dedicato alle gare in moto, una passione che ho sempre avuto e che continuo a coltivare. Sono entrato a far parte di un bel giro di appassionati e mi diverto ancora tanto. Ora vivo la vita con serenità, in famiglia. Come tanti ex calciatori, anche io ho scoperto il padel e ormai è diventato un appuntamento fisso! Insomma, i progetti cambiano con il tempo ma l’importante è vivere con passione e rimanere attivi. Anche perché, diciamolo, non sono più un giovincello".
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