derbyderbyderby calcio estero Il film di PSG-Bayern: l’ambizione e la forza del sogno che può spostare le montagne
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Il film di PSG-Bayern: l’ambizione e la forza del sogno che può spostare le montagne

Pietro Rusconi
Un classico del calcio europeo torna sugli schermi stasera: la squadra di Parigi e quella di Monaco si sfidano e per l'occasione viene proposta l'analisi della partita attraverso una pellicola storica
01:12 min

Alle 21 di Martedì 4 Novembre andrà in onda il big match PSG-Bayern Monaco. Le due squadra attraversano momenti storici diversi: la prima deve bissare il successo storico dell'anno prima, la seconda invece deve recuperare lo smalto europeo che manca da ormai troppo tempo. I parigini hanno iniziato l'anno con risultati altalenanti, anche per via dei molti infortuni (Dembélé, Doué, Kvara, Joao Neves...). I bavaresi invece sembrano inarrestabili, una squadra schiacciasassi finora imbattuta. Un match che profuma già di fase finale del torneo, anzi quasi di finale stessa. Dunque, per trattare la cornice simbolica e valoriale legata all'ultimo atto della competizione, quale miglior film da esaminare se non Fitzcarraldo?

PSG-Bayern Monaco come Herzog e Fitzcarraldo

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Il film designato per rappresentare la partita è "Fitzcarraldo" (1982) di Werner Herzog, regista bavarese. Il lungometraggio narra la storia di un impresario irlandese, Brian Sweeny Fitzgerald, nei territori amazzoni tra fine '800 e inizio '900. La sua non è una biografia qualsiasi: è un uomo che coltiva sempre progetti assurdi per provare a fare soldi (una ferrovia trans-andina e una fabbrica di ghiaccio) e soprattutto è innamorato della lirica, in particolar modo dell'italiano Caruso. La retribuzione derivata dai suoi piani folli non sarebbe personale; infatti il suo obiettivo è quello di reinvestire questo denaro per costruire un teatro dell'opera a Iquitos nella densa amazzonia. Dopo raggiri, fiumi violenti, ammutinamenti e imprese folli, l'imprenditore riesce a tornare a Iquitos e con i soldi della nave rivenduta (adibita alla raccolta del caucciù), Fitzcarraldo riesce comunque ad ingaggiare un'orchestra e a riprodurre una scenografia mobile. Così, salutando la barca con l'opera, Brian realizza il sogno di portare l'opera a Iquitos.

Kompany e la montagna da spostare

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Fitzcarraldo, così soprannominato dai nativi brasiliani, comprende che l'unico modo per tentare il raggiungimento del proprio desiderio è mettersi a commerciare caucciù come tutti gli altri borghesi. A lui tocca l'appezzamento peggiore, infatti questo spazio è pericoloso per la confluenza del Rio delle Amazzoni con il rio Ucayali e per le violentissime rapide del Pongo das Mortes. Dunque l'ambizione diventa un'altra: raggiungere la zona passando dall'altro fiume, con una nave che possa superare il poggio che lo divide dall'Ucayali. Con l'aiuto e lo sfruttamento degli indios Jivaros, riuscirà a far scollinare la nave.

Anche Vincent Kompany, come il regista e il protagonista del film, è un uomo dai grandi sogni. Il tecnico del Bayern vuole cercare di dominare l'altra metà campo così come Fitzgerald tenta di dominare la natura. La montagna da scalare è rappresentata dal PSG di Luis Enrique: un vero e proprio sistema ecologico capace di frapporsi tra l'atto finale della competizione e i bavaresi. Il desiderio è quello di portare il proprio Caruso, Harry Kane, dove mai è stato fatto esibire nella sua storia. Bisogna sognare l'invisibile e l'impensabile, non con una nave per il caucciù ma con il 4231 dinamico e verticale del Bayern Monaco. I giocatori di Kompany sono come gli indios che instancabilmente formano une rete di lavoro imprescindibile che va a sostenere l'impossibile, senza far domande, senza parlare: solo divinizzando e mettendo alla prova il valore del proprio tecnico.

La sinfonia di Luis Enrique

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Una scena ricorrente del film è quella del giradischi. Durante la traversata sul fiume, durante i lavori, durante la discesa negli inferi delle rapide. In tutti questi luoghi il protagonista aziona il giradischi che suona l'opera lirica. La sensazione è alienante e la confusione tra piani di realtà diversi è reale. Il PSG di Luis Enrique si inserisce a pieno titolo in questa scena: facendo riferimento più allo scorso anno, si può interpretare il gioco dei parigini come una vera e propria sinfonia nel cuore dell'Amazzonia.

Luis Enrique, nel suo piccolo, ha avuto l'ambizione di ammodernare il gioco di posizione, costruendo una squadra dinamica e non rigida, capace di dare libertà ai giocatori ma sempre stando dentro a principi strutturali e posizionali. I movimenti sulle catene laterali e nel tridente offensivo sono molti e fluidi, non è raro l'interscambio fra Hakimi e Kvara così come non lo è tra il georgiano e Dembélé (in dubbio). Così come l'opera di Caruso è stata considerata uno dei punti più alti raggiunti dalla civiltà umana, allo stesso modo la finale di Champions dello scorso anno è annoverata tra le più grandi performance viste sul campo di calcio.