All’Olimpico è andata in scena una serata che i tifosi giallorossi non dimenticheranno facilmente. La Roma, davanti al proprio pubblico e con l’occasione di rimettere in piedi il match di Europa League contro il Lille, ha fallito tre rigori consecutivi. Una sequenza che ha assunto i contorni della tragedia sportiva: ogni volta che il pallone veniva posato sul dischetto, lo stadio tratteneva il respiro, e ogni volta l’urlo della Curva si spegneva in un boato di disperazione. Alla fine è bastato il gol iniziale di Haraldsson per condannare i giallorossi a una notte di frustrazione e incredulità. Un episodio che ha ricordato alla Roma un particolare record, quello appartenente a Jedidi.
Notte maledetta
Roma, tre rigori sbagliati e l’incubo del dischetto: il fantasma di Jedidi riemerge all’Olimpico

Il dischetto che diventa maledizione

Un rigore può essere un dono, ma anche una condanna. Per la Roma lo è stato tre volte di fila: errori, prima di Dovbyk e poi di Soulè, che hanno trasformato la speranza in paura, la paura in angoscia. Non è la prima volta che il calcio mette in scena spettacoli così surreali. Nel 1984, Bruno Giordano, bandiera della Lazio, si trovò intrappolato in un pomeriggio di follia contro il Napoli: prima fallì un rigore, poi segnò sulla ribattuta, ma l’arbitro annullò; nella ripetizione sbagliò ancora, e quando finalmente cedette il pallone, Vincenzo D’Amico completò la disfatta calciando fuori. Anche lì, lo stadio visse un’altalena di emozioni al limite del grottesco.
La Roma e Jedidi, il re del paradosso
—Eppure il record assoluto appartiene a un nome oggi dimenticato: Mohammed Jedidi. Era il 17 agosto 2004, Giochi Olimpici di Atene, Tunisia-Serbia. All’83’, sul punteggio di 1-1, l’arbitro assegnò un rigore. Jedidi segnò, ma il gol venne annullato per invasione. Lo stesso copione si ripeté due volte. Al quarto tentativo il tunisino si fece parare il tiro, ma anche lì si ordinò la ripetizione. Solo al sesto tentativo riuscì finalmente a segnare, esausto, sotto lo sguardo incredulo di compagni e avversari. Una scena che passò alla storia come il simbolo della tortura psicologica dal dischetto.
La Roma, con i suoi tre errori consecutivi, non ha raggiunto quell’assurdo primato, ma ne ha risvegliato lo spettro. Perché dal dischetto non si decide soltanto un risultato: si scrivono pagine che restano scolpite nella memoria, tra dolore, incredulità e leggenda.
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