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ESCLUSIVA Chevanton: “Per il Lecce farei anche il magazziniere. Pantaleo un padre. Ecco come battere la Lazio”

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L’ex bomber uruguaiano si racconta tra galline, orto e passione incrollabile per il Lecce: “La città mi ha accolto come un figlio. Questa salvezza va conquistata fino all’ultimo minuto”.
Nancy Gonzalez Ruiz
Nancy Gonzalez Ruiz

Ernesto Javier Chevanton ha segnato più di una generazione di tifosi del Lecce. Arrivato dal Danubio nell’estate del 2001 su intuizione di Pantaleo Corvino, è diventato in pochi mesi l’idolo di Via del Mare. Un uruguayano con la garra sudamericana e il cuore salentino, capace di legare in modo viscerale con una terra che lo ha adottato come figlio. Oggi Cheva ha cambiato vita: vive da solo, coltiva la terra, accudisce galline e si tiene distante dalla vita sui social. Ma l’amore per il Lecce è lo stesso di sempre, anzi forse ancora più profondo. In questa intervista esclusiva ci racconta la sua nuova quotidianità fatta di semplicità e silenzio, il legame indissolubile con Pantaleo Corvino, il sogno di tornare un giorno nel club anche “da magazziniere”, e la speranza salvezza.

L'intervista a Chevanton

CAPOLAVORO CHEVANTON
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Come stai? Com’è la tua vita oggi? 

"Ora finalmente sto bene. Faccio una vita semplice perché mi considero una persona molto semplice. Oggi mi alleno tre o quattro volte a settimana e gioco ogni lunedì con una squadra di amatori. Il resto del tempo passo la mia vita a casa, tranquillo. Ho comprato una campagna a quindici chilometri da Lecce, dove ho le mie galline e il mio orto. È una cosa che mi rilassa, mi piace. Arrivo in campagna e sto bene. Faccio tutto da solo, lavoro io: le cose per gli animali, le coperture, le radici. Questa passione per la terra ce l’ho sempre avuta. Già in Uruguay era così. Però per il lavoro non stavo mai fermo, era difficile riuscire a coltivare questo tipo di vita. Dopo che ho smesso di giocare, l’ho trovata, dopo un po’ di anni di ricerca. Adesso ho piantato un po’ di tutto, anche per quest’estate. Quando sono a lavorare la terra, lascio il telefono in macchina per cinque, sei ore, non lo tocco proprio. Non uso molto i social, non esco la sera. Quando torno dalla campagna, torno a casa e non esco più. Mi piace anche stare solo. Vivo solo, ho cambiato completamente vita. Mi piace stare tranquillo a casa. Meno gente vedo, meglio è. Lecce, in questo, aiuta tanto. È una città a misura d’uomo, ideale per vivere con serenità, anche solo considerando il clima e la vicinanza al mare".

Un fattore che anche Pantaleo utilizza per convincere i giocatori a scegliere il Lecce…

"Assolutamente sì. Quando si chiama un giocatore per portarlo a Lecce, la città è sicuramente un fattore. Senza dubbio. E poi la gente è amorevole, sempre disponibile. Ti fa sentire l'affetto. A me ha accolto come un figlio dal primo giorno. La gente mi vuole un bene incredibile. Ho giocato in tante città, e ovunque avrei potuto decidere di rimanere a vivere. Ma io ho scelto Lecce. Sto bene qua".

Come valuti oggi la stagione del Lecce?

"Io sto un po’ al di fuori delle dinamiche della squadra quindi non so quali siano esattamente i problemi interni, però da quando ho indossato per la prima volta la maglia del Lecce, ho capito che ogni anno è una sofferenza fino all’ultima partita per salvarsi. Purtroppo era così anche quando giocavo io. A parte il 2004, quando ci siamo salvati con tre o quattro giornate d’anticipo, in generale succede sempre così. Anche quest’anno si sta vivendo la stessa situazione. Oggi la salvezza è nelle mani del Lecce. Contro la Lazio sarà tosta ma il Lecce non può permettersi di speculare. Deve giocarsela fino in fondo per vincerla. Anche perché la Lazio si gioca l’Europa e ad inseguire c’è l’Empoli. Il Lecce ci deve credere e dare tutto fino all’ultimo".

Ti si può considerare a tutti gli effetti una bandiera del Lecce. Una figura che oggi, nel calcio, inizia sempre più a mancare…

"Sì, è vero. E anche se il mio è stato un amore diviso in più atti, sento che la gente mi riconosce come una bandiera. È un ruolo che oggi si sta perdendo. I grandi club come Milan, Roma, Juventus… non hanno più quelle figure lì. Manca gente straordinariamente attaccata alla maglia, come lo era Maldini al Milan, Totti alla Roma, Del Piero alla Juve e questo fattore si tende a sottovalutare. Io, nel mio piccolo, ho cercato di fare qualcosa del genere per il Lecce".

Le bandiera si stanno rivelando fondamentali ai club anche a livello societario. Ti piacerebbe un domani essere parte del Lecce in quel tipo di ruolo?

"Si, lo ha dimostrato Maldini al Milan, ma l’unica squadra che lo ha fatto veramente e lo ha capito, è l’Inter. Io credo che avere una bandiera in società sia fondamentale, perché è una figura che conosce il club, l’ambiente, la tifoseria, la cultura. È un punto di riferimento. Io, a Lecce, lavorerei anche da magazziniere. Se posso contribuire alla causa, dare una mano con la mia esperienza, con il mio punto di vista, lo farei senza problemi. Però, ovviamente, non dipende da me. Non è una scelta che posso fare io, ma se mi venisse chiesto, ci sarei subito".

Tu sei arrivato a Lecce grazie a Pantaleo Corvino. Che rapporto avete? Che tipo è lui?

"Pantaleo per me è un grande. Io gli voglio bene come un padre. Lui mi ha dato tutto. Mi ha scoperto, mi ha portato in Italia, mi ha dato la possibilità di realizzare il mio sogno. Tra di noi c’è un bellissimo rapporto, anche con la sua famiglia: con le figlie, con la moglie. Viviamo vicini: la mia campagna è vicino alla sua. Io gli devo molto, e sono contento che continui ancora oggi a lavorare per il Lecce perché so quanto ci tenga".

Parlando di “pantaleate”: quale pensi sia stata la migliore?

"Lui ne ha fatte tante, ma secondo me la scommessa su di me fu una delle sue migliori intuizioni. Vendere un attaccante affermato come Lucarelli per puntare tutto su un giovane uruguayano, sconosciuto in Italia, non era una scelta facile. Ma lui ci ha creduto, ha rischiato, e alla fine gli è andata bene. Pantaleo ha sempre avuto un occhio incredibile per i talenti. Anche oggi continua a scoprire giocatori con margini importanti".

Sempre in attacco, una di queste è sicuramente Nikola Krstovic. Che impressione ti ha fatto?

"Krstovic mi è piaciuto tantissimo fin dalle prime quattro partite che ho visto. Dal primo giorno ho detto che era forte, e ora si stanno accorgendo tutti di quanto lo sia. È un grandissimo giocatore. Se le grandi squadre lo stanno osservando e lo hanno già segnalato, vuol dire che ha dei numeri importanti. Per me è uno dei migliori attaccanti della Serie A, esclusi ovviamente quelli delle grandi squadre – Lautaro su tutti -, lui può competere tranquillamente in una squadra importante. È giovane, ha forza, ha fame, ha tutto per arrivare in alto".

Facciamo un gioco: se il Lecce si salva…

"Se il Lecce si salva, mi raso a zero (ride ndr)".