il dilemma

Così non è divertente

Coppa Italia
La Coppa Italia non ha un format accattivante. Non valorizza il sistema e favorisce troppo le teste di serie
Salvatore Malfitano
Salvatore Malfitano Redattore 

Questo punto dell’anno diventa una specie di ricorrenza, per coloro a cui piace analizzare in modo critico le lacune del sistema. Il Natale non c’entra nulla, se non per il fatto che tra dicembre e gennaio la Coppa Italia comincia ad animarsi. Scendono in campo le grandi del calcio italiano, le prime otto della Serie A dell’anno precedente che si collocano direttamente agli ottavi di finale, senza incrociarsi subito. Varie le questioni che si originano, pensando a una formula che non diverte, non affascina, non esalta. Ottavi e quarti sono in gara singola, le semifinali prevedono il doppio confronto e la finale si disputa in campo neutro. In questo formato la testa di serie ha anche il vantaggio di disputare ottavi e quarti in casa.

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Cambio di formula?

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Il problema non è la formula in sé per sé. È chiaro che un torneo che si svolge per intero con la fase a eliminazione diretta può contare su un format unico al momento nel panorama nazionale e internazionale. Nessun’altra competizione, infatti, al di fuori delle rispettive coppe nazionali, si svolgono in questo modo. E allora va bene il tabellone tennistico. Tuttavia, sarebbe opportuno che le squadre più importanti comincino insieme a tutte le altre, o quantomeno partano da un turno ben precedente rispetto agli ottavi di finale. Qualcuno, nemmeno infondatamente, potrebbe far notare che con i calendari così intasati risulterebbe complicato aggiungere partite ufficiali. A ogni modo, considerando la quantità di gare estive di esibizione, spesso grandi (e remunerati) match in giro per il mondo, non c’è dubbio che un compromesso potrebbe essere facilmente raggiunto.

— Lega Serie A (@SerieA) December 4, 2024

Fascino e nostalgia

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Approvata la formula generale, si può scendere maggiormente nel dettaglio. E viene subito da chiedersi per quale motivo la testa di serie debba beneficiare anche del fattore campo nelle sfide in gara unica. Non ha senso dare un ulteriore elemento favorevole. I benefici non si registrano innanzitutto sul lato economico, che poi è quello dà impulso a tutte le decisioni e orienta le scelte. Gli stadi non si riempiono, specialmente nelle prime fasi. Inoltre, subentra la componente sentimentale che sembra anacronistica, ma non lo è mai così tanto. Vedere formazioni di Serie B e C contendersi il passaggio al turno successivo nel proprio stadio, dove sicuramente non sono abituate a veder sfilare i campioni milionari, è un manifesto per il movimento che ne trae giovamento sotto ogni punto di vista. Riporta il calcio alla sua essenza e magari, nel suo piccolo, l’evento contribuisce all’economia con impatto proporzionalmente maggiore rispetto a quello che avrebbe nelle metropoli del nostro Paese.

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La soluzione

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Ovviamente l’esercizio di critica resta fine a sé stesso, se non è seguito da una possibile soluzione. Ecco, allora, quella che sembra più immediata e sostenibile. Si comincia dando il fattore campo alla squadra di posizione e categoria più bassa. Si elimina la doppia sfida in semifinale e le teste di serie entrano in gioco già in estate, disputando un turno di coppa al posto di un’amichevole prestigiosa. A questo punto, le grandi della possono iniziare il percorso in Coppa Italia a partire dai trentaduesimi di finale, pesando soltanto con una partita in più. Un’aggiunta che, anche con i tempi che corrono, non sembra poter rappresentare un problema strutturale così serio. Quelli, purtroppo, risiedono altrove. E per risolverli servirebbe ben altro che la revisione di un torneo.

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