Un modo diverso di intendere il calcio tra passato, presente e futuro. Lunedì la prima puntata della trasmissione "Il calcio nella rete", condotta da Antonella Biscardi. Un percorso di sette puntate descritto e raccontato a FootballNews24 dalla giornalista e scrittrice, un format ideato e condotto da Antonella Biscardi su Gold Tv, in streaming e sui social in diretta. Un percorso di sette puntate che ci accompagnerà e guiderà nei meandri del calcio post-Covid tutti i lunedì, dal 22 giugno al 3 agosto e nella fascia oraria dalle 21.00 alle 22.00. Un viaggio tra passato, presente e futuro e un modo di analizzare il calcio sotto una prospettiva differente. A raccontarcelo la giornalista e scrittrice Antonella Biscardi, intervenuta in esclusiva ai nostri microfoni. “Il calcio nella rete”, ormai ci siamo. Lunedì, alle ore 21.00, il primo appuntamento. A livello contenutistico, che programma sarà? “Non si tratta propriamente di un talk show sul calcio giocato. Il concetto di fondo è un altro, ovvero cercare di vedere e analizzare questo sport tra passato, presente e futuro. In un’ora, l’idea è quella di mettere in scena un nuovo programma sportivo. Non è il proseguimento di qualcosa che già c’è e nasce appositamente in un periodo storico particolare per il calcio come quello attuale, periodo storico in cui il calcio subisce un enorme cambiamento”.

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Come cambierà anche raccontare il mondo del pallone nell’era post-Covid? "Per quanto riguarda quella che sarà la nostra esperienza, noi racconteremo il calcio tra un piccolo viaggio nel passato e un occhio sempre rivolto al presente. Nella prima puntata, ad esempio, faremo un accenno ai Mondiali del 1970, anche perché proprio il giorno prima della puntata si festeggeranno i 50 anni dalla finale Brasile-Italia e avremo, tra i nostri opinionisti, anche Josè Altafini e Darwin Pastorin. Per il resto è cambiato tutto, basti pensare allo stadio vuoto o al distanziamento. Anche se abbiamo visto, in occasione della finale di Coppa Italia, come sia difficile mantenere le distanze. Ma quando raggiungi un obiettivo del genere, reso ancora più gustoso dalla storia nella storia di Sarri sulla panchina della Juventus, diventa praticamente impossibile non esplodere di gioia. In una situazione del genere, in ogni caso, si può parlare quasi
di “solitudine del giocatore”. Ad esempio, ricordo un post su Instagram di Francesco Totti che, alla sua maniera, ha sottolineato proprio come fosse difficile riaprire il calcio in queste condizioni di estrema solitudine. In un periodo di riflessione come quello che abbiamo attraversato, mi è sembrato un emblema di sincerità. Un silenzio irreale che colpisce inevitabilmente tutti, anche giocatori e allenatori e, finché saremo in questa situazione, non ci si potremo attendere un racconto della gara animato e trascinante”.
Emozionata a pochi giorni dal debutto del nuovo format? “Senza emozioni non potremmo fare nulla. Nel momento in cui facciamo emergere la parte emotiva di noi, riusciamo a trasmettere anche quello che vogliamo. Con questo programma vorrei realizzare un sogno nel cassetto, ovvero cercare di parlare di un calcio un po’ più umano, un po’ più vero. Sono la storia, le tradizioni e i sentimenti che ci portano a dei valori veri, che sembrano essere un lontano ricordo. Il calcio di oggi è meno umano. Dove sono i calciatori? Io ho conosciuto e parlato con Falcao, ho avuto Maradona ospite per venti puntate e chiacchieravamo perfino al telefono, scendevo a bordo campo e riuscivo a parlare con giocatori come Totti, andavo a casa dei giocatori per il programma “A casa di”. Ora per parlare con un calciatore bisogna passare per i manager, la squadra, la società. Sono diventati soggetti astratti, guidati dai loro
sponsor. E a me piacerebbe riportare nei cuori delle persone la vera essenza del calcio, quella di cui parlavano Gianni Brera, Pasolini o mio padre Aldo. Mi ricordo di aver intervistato, una volta, la moglie di Helenio Herrera e lei mi fece vedere tutte le tattiche che il marito trascriveva sui
quaderni e, ogni tanto, addirittura sui muri di casa. Un altro tipo di calcio, diverso da quello di cui parliamo oggi, che ha visto una spersonalizzazione dello sportivo frutto di un fenomeno socio-culturale“.
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