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Assolto dall’accusa di aver drogato i compagni di squadra: Marco Paoloni “Ho ricominciato a vivere da un anno”

L'ex portiere della Cremonese, ora del Benevento, Marco Paoloni,  scende dal cellulare della Polizia Penitenziaria per recarsi dal gip Salvini, oggi 17 giugno 2011 a Cremona. Marco Paoloni, in carcere per l'inchiesta cremonese sulle partite bloccate: "farà il suo dovere" nell'interrogatorio di oggi davanti al gip di Cremona. "Affronteremo il tutto con grande serenità e serietà", hanno detto i suoi legali, Emanuela Di Paolo e Luca Curatti. Il portiere è giunto in questi istanti in tribunale a bordo di un furgone della polizia penitenziaria. Il Gip Salvini intende interrogarlo per valutare l'istanza di scarcerazione presentata dai legali di Paoloni.  ANSA/RAFFAELE RASTELLI

Riabilitato dalla giustizia ordinaria Marco Paoloni, dopo la mano pesante della giustizia sportiva

Redazione DDD

Un anno esatto fa era stata emessa la sentenza con cui Marco Paoloni è stato assolto con formula piena dalla pesante accusa di aver somministrato, nell’ormai lontano ottobre 2010, del Minias (ovvero del sonnifero) nelle bottigliette d’acqua di alcuni ex compagni di squadra durante l’intervallo di Cremonese-Paganese. Paoloni era il portiere grigiorosso. Proprio da lì era partita la maxi-inchiesta relativa al calcio scommesse denominata “Last Bet”, che aveva visto coinvolte diverse persone e numerosi calciatori, molti dei quali anche famosi. Quando era ufficialmente scoppiato lo scandalo, ovvero a giugno 2011, l’ex giocatore difendeva la porta del Benevento, con le “streghe” in procinto di disputare i play-off.

Il suo calvario è durato otto anni, e a inizio inchiesta era stato anche radiato dalla Federcalcio. Quattro anni fa, ha pubblicato il libro “Over – La scommessa della verità”, al fine di raccontare e far conoscere meglio la sua storia. E ora, a distanza di un anno dalla sentenza del Tribunale di Cremona, Paoloni, cresciuto nel vivaio della Roma e durante il percorso calcistico anche giocatore di Teramo, Ternana e Ascoli, si è raccontato a “Europa Calcio“.

Dodici mesi esatti fa, la sentenza che le ha tolto di dosso quel macigno che si portava dietro da anni. Com’è cambiata ora la sua vita? “Sì, è passato un anno. Personalmente sono cambiate tante cose, in quanto per tantissimo tempo mi hanno dipinto come un persona che non sono: non ho mai fatto un gesto del genere, ossia drogare i miei compagni di squadra. Per la mia immagine è stata una grande rivincita, ma ho sempre avuto fiducia nella giustizia italiana. Diversamente, sono ancora oggi arrabbiato con quella sportiva, che mi ha tolto il sogno di proseguire la mia carriera da calciatore. E’ da un anno che ho ricominciato a vivere, prima vivevo con l’ansia e volte ero pieno di stress“.

E oggi? "Due volte alla settimana alleno dei bambini in una scuola calcio del mio paese (Civitavecchia, ndr). All’inizio la vedevo come un’attività di volontariato, ma poi l’ho sentita molto di più, per anni ho fatto il calciatore. Per il resto faccio il papà, la mia compagna lavora e devo stare dietro ai due bambini. Con l’esperienza della squalifica ho capito che nel mondo del calcio non c’è una amicizia vera, e quella che c’è è veramente poca. Anche in quel caso ci sono dietro interessi economici che vanno oltre il rapporto umano“.

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