Un bresciano doc che si è messo in luce anche con gli storici rivali dell'Atalanta. Prima della Dea però Ivano Bonetti ha realizzato il suo sogno di vestire la maglia della Juventus che lui definì spesso "università del calcio".
È una sfida speciale per tanti motivi, per il passato bianconero di Gasperini che sfida il suo ex allievo Thiago Motta, per Koopmeiners che ritorna a Bergamo da avversario, per la classifica che vede l'Atalanta davanti alla Juventus di nove lunghezze. Qualora la Dea dovesse infliggere alla Vecchia Signora la prima sconfitta in campionato, questa si ritroverebbe addirittura a -12 dal 3° posto; al contrario un successo rappresenterebbe una bella iniezione di fiducia per un gruppo che ha vinto solamente due volte nelle ultime otto partite disputate.
Campione d'Italia con la Sampdoria di Vialli e Mancini e ancor prima con la Juventus, con la quale vince anche una Coppa Intercontinentale, in ESCLUSIVA ai nostri microfoni lo storico doppio ex Ivano Bonetti, per lui anche una promozione in massima serie con Mondonico all'Atalanta, ha fatto luce sulla super-sfida del Gewiss Stadium, valida per il recupero della 19ª giornata di Serie A.
Un bresciano doc che si è messo in luce all'Atalanta
"È la vita da professionista, sono cresciuto nel Brescia e poi da lì ho iniziato a girare un po'. Ho un ricordo molto bello dell'Atalanta, la seguo ancora oggi, quell'anno in Serie B con Mondonico giocammo la Coppa delle Coppe, arrivando in semifinale, fu una bella soddisfazione".
Alla Juventus ha conquistato i primi successi, non fu semplice ritagliarsi uno spazio, ma per lei rimane un sogno che si è realizzato
"È stata una scuola di vita. Ho avuto la fortuna di approdare in una Juventus piena di giocatori straordinari dal punto di vista umano, i vari Cabrini, Scirea, anche lo stesso Platini..."
Si sono invertiti i ruoli: la vera Juventus è l'Atalanta?
"L'Atalanta è più di un disegno che sta costruendo con questo tipo di mentalità. Sposa un calcio molto offensivo, aggressivo, a differenza di tutti i giochisti che si sono concentrati sulla nuova moda "vogliamo essere belli", ma alla fine se non sei concreto non vai da nessuna parte e Gasperini è il vero precursore di questo calcio che si basa su principi di gioco (non ho la palla aggredisco, ho la palla verticalizzo). Dall'altra parte c'è un allenatore (Thiago Motta, ndr) che ha sposato il calcio moderno, forse tralasciando il fatto che, le parole di Boniperti mi rimbombano ancora nelle orecchie, la Juventus non può scendere in campo per non vincere la partita. Contava solo quello e quando hai quello nella testa, non pensi a vincere la partita ma hai una mentalità vincente che ti porta a vincere. Il 70% di una partita la vinci prima con la testa".
Come giudica fin qui l'operato di Thiago Motta?
"Lo giudico per quello che mi aspettavo. Un allenatore che vuole una certa organizzazione per vincere, ma per far sì che questo diventi possibile, ha bisogno di un attaccante che faccia 30 gol, di un difensore che sappia difendere, di un centrocampista o di un regista in grado di capire quando imbucare centralmente o quando servire il pallone sugli esterni. Avere dei giocatori ibridi che non incidono, rende tutto più difficile".
Di recente si era espresso sull'acquisto di Koopmeiners e su un suo ruolo diverso rispetto alla precedente esperienza con l'Atalanta: a che punto è?
"Che cosa sta facendo Koopmeiners di utile in questo momento? Dalle interviste vedo che Thiago Motta è anche abbastanza contento delle sue prestazioni, io lo vedevo meglio all'Atalanta, forse è in un'orchestra in cui fa fatica a ritrovarsi. Però vedo alcune cose nella Juventus che mi lasciano perplesso, Cambiaso stava giocando, ha fatto due errori e ora non sta giocando più, c'era Danilo in difesa ed è sparito, Mckennie stava facendo gol e ora fa il terzino sinistro. Non lo so, magari questo può anche essere motivo di una crescita futura, ma al momento vedo una Juve senza identità".
La gestione dei fuori rosa l'ha sorpresa ad inizio campionato, la situazione però non è cambiato, vedi Danilo
"Il leader ti fa vincere le partite. Scirea, Tacconi, Bonini, Cabrini, Platini, ti parlo di giocatori che quando fischiava l'arbitro sapeva cosa significava l'atteggiamento per vincere. Adesso se tu non hai in campo giocatori che determinano questo tipo di mentalità, poi il calcio è fatto di episodi. Se ti gira male, te la prendi con l'episodio, la forza del leader sta in questo, andare contro l'episodio e trasformarlo in positivo. Se non hai giocatori che hanno questo talento di base, tu non vinci, c'è poco da fare. Il Napoli ha trovato un leader in panchina che gli ha trasmesso la convinzione di essere forti, vincono perchè insieme all'allenatore hanno la consapevolezza di essere forti ".
Lei, che è stata allenata da Trapattoni, ritiene che il suo modello sia ormai superato? Oggi la maggiore attenzione dedicata alla tattica, piuttosto che alla tecnica, dà più potere agli allenatori?
"Non basterebbero due trasmissioni per spiegarlo. Trapattoni era molto intelligente, era un leader in grado di gestire altri leader, che in questo caso erano i giocatori, all'interno dello spogliatoio. Trapattoni faceva formazione con i giovani. Io ne ho avuti una marea, i Liedholm, i Lucescu, i Burgnich, tutti erano accomunati dal fatto che facevano formazione individuale con i calciatori e non erano supportati da uno staff ampio come vediamo oggi. Per certi versi oggi gli allenatori avrebbero anche più tempo per farlo. Gasperini è un unicuum oggi, migliora i calciatori che poi quando lasciano l'Atalanta, iniziano a perdersi, ci sarà un motivo?
Scirea, Tacconi, Baggio, Vialli, Del Piero, Buffon, Chiellini: la Juventus ha sempre avuto capitani carismatici. Credo che la difficile situazione della squadra sia riflessa anche dal fatto che Motta abbia già cambiato sei capitani?
"Hai detto tutto tu. Non la condivido, ma la rispetto. Un capitano ha degli onori e degli oneri, è una responsabilità. Io quando fischia l'arbitro devo seguire il mio capitano, deve essere un punto di riferimento. Non puoi dare la fascia una volta ad un uno, una volta all'altro. È un po' come il giocatore ibrido, che fa tutto, ma non eccelle in nulla".
Il ricordo di Gianluca Vialli
"Non c'è giorno in cui non pensi a lui, anche più volte nel corso di una giornata. Luca è stato un amico, oltre ad essere stato un compagno di squadra. Una persona rispettosa, ti aiutava in tutto e per tutto, a volte non si capisce perchè persone del genere se ne vadano così presto. Poteva dare ancora tanto, anche col Mancio in Nazionale, era un costruttore, non un distruttore, una persona positiva, un inguaribile ottimista. In qualsiasi momento dava forza agli amici, per me è ancora qua, sta ascoltando la nostra intervista ed è pronto a dire "Ivan non dire cazzate". Una persona ironica e un grande trascinatore, per me è vivo e vivrà per sempre".