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IL PARON E LO SCERIFFO

La ballerina spagnola del nonno di Nereo Rocco: uno spettacolo a Trieste e nasce la leggenda

Ecco come Trieste è diventata la città del Paron Rocco...

Redazione DDD

di Luigi Furini -

Veniva da una famiglia di macellai, ma lui aveva in mente il pallone. In Italia i suoi ci erano arrivati per caso, dall’Austria. La storia di Nereo Rocco, grande allenatore di Milan, Torino, Padova, Triestina, ecc.., comincia a Vienna. Il nonno si chiama Ludwig Roch, fa il cambiavalute, ma si innamora di una ballerina spagnola, di Palma di Maiorca. Lei arriva a Trieste per uno spettacolo e lui la segue. Si sposano, arrivano i bambini e da Trieste non si muoveranno più. Nereo nasce nel 1912, poi nel 1925 il fascismo vuole tradotti in italiano tutti i cognomi, e Roch diventa Rocco. Il commercio di carni della famiglia va benissimo, perché ci sono da rifornire le navi e tutto il resto. Ma lui scappa a giocare a calcio. Lo prende la Triestina (debutta in serie A nel 1929), poi il Napoli (dove resta a lungo), poi il Padova in B e la maglia della nazionale alle qualificazioni del Mondiale 1934. Ma la sua carriera è soprattutto in panchina. E’ lui a portare il “catenaccio” in Italia? Rocco nega, ma restano le sue battute in dialetto: “Dal lunedì al venerdì i xe tuti olandesi. Al sabato i ghe pensa. La domenica, tuti indrio e si salvi chi può”.

Il grande pubblico lo scopre a Padova. Un giorno arriva la Juventus e gli dicono: “Vinca il migliore”. “Sperem de no”, è la secca riposta. Era la Juve la più forte, ma lui sapeva come fermarla. In rossonero Rocco vince tutto il possibile, in Italia e all’estero (c’è lui in panchina a  Wembley per la prima Coppa dei Campioni) ma quando la società passa a Felice Riva, lui lo manda “in mona” e va al Torino. Dopo tre anni ritorna. Trova in squadra Alberto Bigon. C’è una sfida in Europa e lui gli chiede un favore: “Ti te gha studia? E alora tradusi, ti che te conosi le lingue”. In rossonero ci sono Rosato e Rivera, Trapattoni e Schnellinger. E c’è anche Hamrin (scaricato dalla Juve), che si è portato dal Padova, e che aveva rigenerato dopo due gravi infortuni. E poi Altafini, Combin (altro scarto bianconero) e un giovane Pierino Prati

Ma al Milan, Rocco trova soprattutto direttore tecnico, Gipo Viani, veneto di Treviso.  I due si parlano solo in dialetto. Chiedono al “Paron”, Come erano i vostri rapporti? “Ottimi. Quando si vinceva era merito di Gipo. Quando si perdeva era colpa mia”. Però Rocco ha il suo carattere e quando il Milan cambia ancora proprietà (arriva Buticchi) lui prende un’altra volta il treno per Trieste. Di lì’ a Fiorenze e poi, dove? Ma un’altra volta al Milan. Però, adesso, gli eventi lo travolgono. Lui manda tutti a quel paese e torna alla Triestina in serie C. E’ stato sulla braccia per decenni, dall’anteguerra alle sfide con il mago Herrera (lui sì che si vantava di aver inventato il catenaccio). Rocco ha discusso e litigato con tanti. “Un giorno a Padova, i tifosi dell’Inter mi hanno riempito di sputi, tanto che il presidente Moratti si è scusato e mi ha regalato un impermeabile”. E le discussioni con Nils Liedholm? “Quel mona del Baròn. Con lui dovevo parlare in italiano”. E infine, ma chissà se è vero, due battute con un giornalista francese: “Monsieur Rocco, mon ami”. “Mona a mi? Mona a ti, e anca testa de casso”.

 

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