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Lo Spezia arriva allo stadio sull’autobotte dei pompieri, vince lo Scudetto ma non festeggia: attentato a Hitler

1943, i Vigili del Fuoco tricolori

I racconti più particolari dello Scudetto vinto nel 1943 dai Vigili del Fuoco di La Spezia

Redazione DDD

di Luigi Furini -

L’8 settembre 1943, con la firma dell’armistizio, l’Italia si divide. Sopra la Linea Gotica comanda la Repubblica sociale, con sede a Salò. Si trasferisce al Nord anche la Federcalcio che, dal gennaio 1944 organizza un campionato a sei gironi. Vi partecipano 64 squadre. Lo Spezia, impossibilitato a spostarsi verso Genova (i ponti sono bombardati) viene inserito nel girone dell’Emilia. Però il presidente Coriolano Perioli è deportato in Germania e ben sei calciatori non possono rientrare perché si trovano al di sotto della linea Gotica. Che cosa fare? Per evitare che altri calciatori vengano chiamati alla leva militare (e mandati in guerra), all’ingegner Luigi Gandino, capo dei vigili del fuoco e dirigente della società, viene in mente di arruolare tutti i giocatori come pompieri, con tanto di divisa, vitto e alloggio in caserma. La squadra cambia nome: si chiamerà 42° Corpo Vigili del Fuoco La Spezia. Si parte. Ci sono squadre abbordabili (Suzzara, Fidenza, Parma), il Carpi si ritira, il Modena è battuto a tavolino perché ha schierato un giocatore, in precedenza non abile alla leva militare.

La Spezia, i tifosi di oggi

La squadra si allena a Rapallo (il campo di Spezia è sotto le bombe) e le trasferte sono tutte un programma. Si parte, su un autobotte dei pompieri, con delle assi di legno inchiodate sul cassone. Quindi si viaggia all’aperto, anche se piove o tira vento. Ma un vantaggio c’è: quando si arriva nell’altra città, i giocatori hanno diritto a dormire e mangiare nella caserma dei pompieri. Il vitto non è speciale: cipolle, polenta e fagioli. Tutti si arrangiano. L’inflazione è al 300%, nelle campagne sfollano gli abitanti delle città bombardate, i giocatori-pompieri, lo diranno dopo, fanno anche un po’ di borsa nera, ovvero portano olio e sale sul camion e cercano di venderlo nella città di arrivo.

Comunque lo Spezia, ben allenato da Ottavio Barbieri, (ex calciatore del Genoa e della Nazionale, farmacista a Moneglia) arriva alla fase finale di Milano, insieme a Venezia e Torino. I liguri sono la squadra più debole, ma riescono a pareggiare (1-1) con il Venezia. Il Torino, però, è una montagna invalicabile. In panchina c’è Vittorio Pozzo, ex Ct della Nazionale. In campo, oltre Loik e Mazzola, anche Silvio Piola, che gioca nella Lazio ma è “prestato” ai granata perché lì svolge il servizio militare. Gli acquilotti arrivano all’Arena con l’autobotte dei pompieri. Hanno solo una maglia pesante, girocollo (l’hanno usata per tutto il campionato) e muoiono di caldo sotto il sole di luglio. Però il calcio è bello perché imprevedibile: vince lo Spezia 2-1. Sulla strada del ritorno, si viene a spere che il Torino ha strapazzato il Venezia (5-2). Dunque lo Spezia ha 3 punti, il Toro 2 e il Venezia 1. Non c’è tempo di festeggiare lo scudetto perché l’Europa, lo stesso giorno, è scossa dalla notizia del fallito attentato a Hitler. La guerra si fa più cruenta. Quel che più conta è rimanere vivi. Solo nel 2002 allo Spezia viene riconosciuto un distintivo (non lo scudetto) da cucire sulle maglie.

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