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RAMON RAMON...

Ramon Turone, un non gol e diventi famoso

Maurizio Turone, il Dorando Pietri del calcio italiano...

Redazione DDD

di Luigi Furini -

A un certo punto diventa tanto famoso che gli propongono di girare uno spot per la televisione, una pubblicità per l’Ovomaltina, un prodotto di malto, latte e cacao. Ma lui rifiuta: “Non mi interessa diventare famoso”. In effetti, famoso lo è già. Ma per un gol che non ha segnato. O meglio, la palla in rete ci è entrata, ma il guardialinee ha alzato la bandierina: fuorigioco. Maurizio Turone, detto Ramon, classe 1948, nato a Varazze (Savona),  tifosissimo del Genoa, nel 1981 gioca nella Roma. E la Roma, il 10 maggio di quell’anno, gioca a Torino contro la Juventus. Mancano tre giornate alla fine del campionato. I bianconeri sono davanti di un punto, 39 contro i 38 dei giallorossi (allora la vittoria valeva due punti). Sono due squadre di tutto rispetto. Nella Juve, con Trapattoni in panchina, giocano Zoff, Gentile, Cabrini, Scirea e Tardelli. Nella Roma, allenata da Nils Liedholm, ci sono Bruno Conti, Pruzzo, Ancelotti, Di Bartolomei e soprattutto Falcao, il fenomeno brasiliano. La gara è spigolosa. Beppe Furino, mediano bianconero, entra duro su Falcao e viene ammonito. Al 17’ della ripresa, altro suo brutto intervento e viene espulso. La Roma pensa di farcela. Sul finire della gara, Conti crossa per Pruzzo, che la tocca appena e l’allunga in area dove arriva di testa Turone. Gol. L’arbitro Bergamo convalida e indica il centro del campo. Ma il guardialinee Sancini alza la bandiera. Niente. Si resta sullo 0-0. Così finisce la partita. Gli altri due turni non cambieranno la classifica. “Con quella vittoria saremmo passati davanti alla Juve e vinto lo scudetto”, dice Turone.

Sono passati 40 anni e si parla ancora del suo “non gol”. Ma diciamolo, se quel gol l’avessero dato, ora Ramon Turone sarebbe un signor nessuno. Invece è passato alla storia come Dorando Pietri, arrivato primo sul traguardo della maratona, alle Olimpiadi di Londra nel 1908, ma squalificato per aver percorso gli ultimi metri sorretto da un medico e da un giudice di gara che lo avevano visto barcollare sul traguardo. Quelle immagini fanno il giro del globo. Lui, con le gambe piegate, ormai esausto, che vince e cade a terra. La regina Alessandra gli vuole dare ugualmente un premio. I giornali di tutto il mondo ne parlano, tanto che Pietri, nel novembre dello stesso anno, viene invitato a New York e al Madison Square Garden messo a confronto con il vincitore di quella maratona, l’americano Johnny Hayes. Dopo 262 giri di pista, Pietri negli ultimi 500 metri, stacca l’avversario e vince. E’ un trionfo, negli Usa tutti gli italo-americani sono in festa. E dopo quella gara, il maratoneta italiano sarà chiamato in Europa e in Argentina a partecipare a corse (con ingaggi molto alti) dove la forza dell’uomo è messa contro la fatica. Non è così per Turone. Dopo la Roma, gioca un anno al Bologna e poi finisce la carriera in C2 con il Savona. No, lui non ha mai voluto diventare famoso. Lui ha ancora in mente quel gol. “Era buono - dice -, l’ho rivisto mille volte in tivù ed era buono”. E la pubblicità dell’Ovomaltina? “Chi se ne frega, io volevo quel gol”.

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