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Zoppo, fumatore e strabico: ma che dribbling che faceva Garrincha…!

Brazilian outside right Garrincha and Welsh player Hopkins fight for possession of the ball during the World Cup quarter final at Gothenburg in Sweden. Brazil won by 1 goal to nil, thus assuring their place in the semi-finals.   (Photo by Central Press/Getty Images)

di Luigi Furini – Era un po’ strabico, eppure. Aveva la spina dorsale deformata, eppure. La gamba sinistra era più corta di sei centimetri (poliomelite? Malnutrizione?), eppure. Aveva problemi alle cartilagini delle ginocchia, eppure....

Redazione DDD

di Luigi Furini -

Era un po’ strabico, eppure. Aveva la spina dorsale deformata, eppure. La gamba sinistra era più corta di sei centimetri (poliomelite? Malnutrizione?), eppure. Aveva problemi alle cartilagini delle ginocchia, eppure. Aveva cominciato a fumare a quattro anni e a dieci era già bollato come dipendente dalla nicotina, eppure. Ha giocato tre Campionati del Mondo (ne ha vinti due) e segnato 249 gol in 579 partite. Il suo nome era Manoel Francisco dos Santos, per tutti Mané Garrincha. E stato il più grande dribblatore della storia del calcio.

Nasce in un favela di Rio De Janerio nel 1933. Cammina con piccoli saltelli e una sua sorella lo ribattezza Garrincha, dal nome di un uccellino. Alcuni medici sportivi non esitano a dichiararlo “storpio”, ma forse questa malformazione, gli consente di fintare da una parte e scattare dall’altra. In più tira le punizioni “a banana”, capace di dare al pallone una traiettoria strana e imprendibile per i portieri. Vogliono iscriverlo a scuola, ma si rifiuta. Frequenta le osterie fin da giovanissimo. Beve ettolitri di cachaca, il famoso distillato di canna da zucchero. Si sposa a 18 anni e dal primo matrimonio ha otto figlie, poi altre donne e altre storie. I figli, ufficialmente riconosciuti, alla fine sono quattordici. Più uno: un ragazzone messo al mondo con una cameriera diciassettenne mentre è in Svezia, ai Mondiali del 1958.

(Photo by Keystone/Getty Images)

(Photo by Keystone/Getty Images)

Desta scalpore la sua lunga storia d’amore con Elza Soars, famosa cantante brasiliana. Garrincha gioca in una squadra amatoriale che, nel 1953, incontra il Botafogo. Ha di fronte il più grande terzino sinistro di quei tempi, Nilton Santos, e lo fa impazzire con le sue giravolte. A fine partita, Garrincha viene tesserato per il Botafogo. Nel 1958 il Brasile lo convoca per il Mondiale in Svezia. Lo psicologo della squadra sottopone tutti i giocatori a test attitudinali. Garrincha ottiene un punteggio sotto la soglia minima fissata, è considerato infantile. Però lo stesso psicologo boccia anche Pelè. E cosa fa il CT della Nazionale? Se ne frega e li convoca tutti e due. Vince il Brasile (5-2) in finale contro la Svezia. Stessa storia per i Mondiali in Cile (1962). Il Brasile elimina l’Inghilterra e trova il Cile in semifinale. Il suo avversario lo maltratta e, sul finire, lui gli rifila un calcio nel sedere: espulso. Non dovrebbe giocare la finale, ma intervengono i governi di tutto il Sudamerica e la squalifica è revocata. Il Brasile vince (3-1) contro la Cecoslovacchia. L’anno dopo, nel ’63, pare che, insieme, Juve, Inter e Milan lo volessero prendere (avrebbe giocato un anno in ciascuna squadra) perché la sua presenza riempiva gli stadi. Ma non ci fu accordo con il Botafogo. Diverso il destino ai Mondiale inglese nel 1966, causa le sconfitte con Ungheria e Portogallo. E allora Garrincha cosa fa? Con Elza Soares viene in Italia. Lei è cantante affermata. Lui è rappresentante dell’Istituto Brasiliano del caffè (e gioca con gli amatori a Torvajanica, vicino a Roma). La coppia torna in Brasile nel 1972. Garrincha richiama ancora pubblico. Con i Milionarios, una formazione di ex professionisti (Nilton Santos, Djalma Santos, Vavà, Rivelino) pare giochi ancora cinquecento partite.

Nel gennaio 1983, abbandonato dai figli, il più grande dribblatore muore a Rio, nel padiglione d’ospedale riservato agli alcolizzati.

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