analisi Facebook di Roberto Beccantini -
JUVENTUS-LECCE 1-0
Juve, brodino dopo le auto-sberle
Non credo che la rosa della Juventus sia la più forte del campionato (anzi), ma del Lecce sì. E non di poco; e non per pochi. Eppure siamo sempre alle solite: sotto il risultato, il risultato. E basta. Il primo tempo di Udine e i lampi con la Lazio sembrano i coriandoli di un carnevale giurassico. Le auto-sberle del Sassuolino hanno lasciato il segno e mozzato i sogni. Persino l’effetto Magnanelli sembra sfumato. E se molli l’Allegri bis al suo destino, uhm.
Con i suoi limiti e i suoi bilanci, il Lecce di Corvino e D’Aversa è un’idea
Diranno: non ha mai tirato in porta. Vero. Ma quante volte lo hanno fatto Chiesa, Milik e, alla fine, Vlahovic? I piedi, soprattutto in mezzo e sulle fasce, sono quelli che sono, da McKennie a un Cambiaso sul quale il loggione aveva riposto speranze non lievi. Gioca Miretti e vorresti Fagioli. Tocca a Fagioli e pensi a Miretti: tombola.
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Azioni da Juventus, una: nel primo tempo, Danilo smarca Chiesa, il cui diagonale sfila radente il palo. Il gol arriva nella ripresa, in mischia. Lo sigla Milik, fin lì uno dei più spettatori, su sponda aerea di Rabiot (quantum mutatus ab illo). Era il 57’. Dal quel momento, indietro tutti, indietro tutta. Un classico. Come se la Juventus, sapendo di non far più paura, avesse paura di molti, di troppi. L’ultima mezz’ora è stata l’apoteosi del corto muso, con Krstovic a mendicare munizioni e Kaba espulso al 91’ per un secondo giallo oggettivamente esagerato (non era rigore, non era simulazione: almeno a velocità normale). E i due «bombaroli» del Mapei? Szczesny dall’inizio (mai impegnato); Gatti dal 75’, ancora scosso. Siamo appena alla sesta ed è difficile che Max lasci o cambi e il mercato di gennaio raddoppi.
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