JUVENTUS-SASSUOLO 3-0

Juventus, Di Maria è oltre

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Lui non è una scintilla, ma "la" scintilla...

Redazione DDD

analisi Facebook di Roberto Beccantini -

Hanno vinto tutte, le grandi. Chi alla grande, chi più o meno. Un segnale al terzo stato. Stava palleggiando come nel giardino di casa, il Sassuolo, e lo Stadium cominciava a fischiettare, quando l’arbitro ha ordinato il cooling break. Narra la leggenda che il 3-0 sia nato lì, dalle dritte di Allegri. Subito il gol di Di Maria, con un sinistro strozzato; poi il rigore di Vlahovic, somma di due indizi (al pronti via, Muldur e Alex Sandro, quindi Ferrari e il serbo, incastratissimi). La squadra di Dionisi ha continuato il torello, ma ormai Di Maria - protagonista, infortunato y fatal - aveva svegliato Madama e se l’era presa. Siamo sempre lì: il tenore che dirige l’orchestra e non, come insegnava l’Arrigo, il contrario.

Fideo libero di far male...

Giocava «libero d’attacco», il Fideo. Palla incollata, anche ciondolanti. Con McKennie mezzala, Alex Sandro pimpante (per un po’) e Cuadrado in versione parlamentare sotto elezioni (destra, sinistra, centro). Vlahovic invocava munizioni; gliele fornivano Di Maria e Danilo, le falliva di poco. Il Sassuolo si era reso pericoloso, nello scorcio pre time-out, con Defrel, Berardi (poca roba) e Ayhan. La Juventus viveva di campanili e contropiede: attenta, anche se non proprio ispirata. Era Di Maria, a 34 anni, la scintilla.

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(Photo by Emilio Andreoli/Getty Images)

Alla ripresa, entrava il promesso sposo (Raspadori-Napoli), ma uno sgorbio di Ayhan propiziava l’assist dell’argentino per il destro di Vlahovic. Era il 51’: «mamma, butta la pasta», avrebbe strillato Dan. Ricapitolando: Di Maria, gol e assist; Vlahovic, doppietta. E, a ruota, un Bremer all’altezza e un Kostic che il loggione vorrebbe più ala che terzino. Piano piano, il Sassuolo si addormentava nel suo sterile tiki-taka, salvo un guizzo di Pinamonti sventato da Perin. Leggerino, bellino, spuntatino. La scorsa stagione era finita 1-2. Buttarsi sul corpo della partita per scoprire indizi di nuova Juventus sarebbe forse complicato per Adani, figuriamoci per il sottoscritto. Il centrocampo resta un cantiere, anche se i tifosi avranno gradito i tocchi di Miretti, Rovella e Soulé.

Il Napoli, adesso. E’ stato così superiore e brillante, al Bentegodi, da togliersi lo sfizio di beccarne pure un paio (da Lasagna e Henry). Poi, naturalmente, ha stravinto per 5-2, con pali e occasioni a strascico. Unico neo, gli appostamenti difensivi sui cross. Kim è appena sbarcato, diamogli il tempo che demmo a Koulibaly. D’accordo, il Verona non è più quel Verona là, aggressivo sino all’insolenza, con Tudor in panca e i coltelli di Simeone-Caprari tra i denti: nel dubbio, la squadra di Spalletti l’ha dominato. Kvaratskhelia (di testa!), Osimhen, Zielinski (su assist del georgiano), Lobotka, Politano. Arpeggi e fraseggi. Migliore in campo, Kvaraeccetera. Uno che punta l’uomo e dribbla. In Italia, maledizione, si pensa che scartare significhi eludere il problema. No. E’ il contrario: significa fissarlo negli occhi e, se ti riesce la finta, ridergli in faccia. Diego, perdonali.

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