Per il Napoli, la trasferta di Roma contro la Lazio per gli ottavi di Coppa Italia era di fatto una disfatta annunciata. Annunciata a tutti gli effetti, perché Antonio Conte non aveva nascosto la volontà di dare spazio in modo totale ai calciatori che hanno avuto meno spazio finora, nel corso della stagione. D’altronde, senza impegni europei, una rosa non ha bisogno di essere particolarmente profonda e soprattutto, una volta trovata la combinazione giusta degli elementi, è difficile poi abbandonarla quando da un punto di fisico non se ne avverte la necessità. È indubbio che la possibilità di disputare tendenzialmente una partita a settimana permette all’allenatore di gestire meglio il lavoro e le energie e consente di avere più tempo per trasmettere più efficacemente i principi tattici e lavorare sull’assorbimento degli stessi.
La questione
Napoli e l’all-in da scudetto: chi avrà ragione?
La nuova dimensione del Napoli
—L’avvio di stagione degli azzurri ha evidenziato come il valore dell’organico sia assolutamente competitivo per questo tipo di percorso. Conte se n’è accorto e ha deciso di rivolgere la maggior parte delle attenzioni al campionato, dopo essersi reso conto che il gruppo ha la maturità necessaria per consolidare la vetta, giornata dopo giornata. In questo contesto, la Coppa Italia diventa pienamente accessoria. Il non è più la società che, con la conquista di un torneo simile, può ritenere trionfale un’annata. Non basta più. La dimensione è cambiata, in un processo che è iniziato con la vittoria del terzo scudetto e si è concluso proprio con l’arrivo di Conte in panchina. Il nome e l’investimento corrispondono alla volontà di eccellere, non semplicemente di distinguersi. Ciò comporta che, banalmente, se si potesse scegliere tra la vittoria della Coppa Italia unita a un piazzamento Champions e la conquista dello scudetto, la scelta di addetti e appassionati ricadrebbe senza esitazioni sulla seconda opzione.
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Mentalità vincente, ma non troppo
—In pratica, è lo stesso ragionamento che ha guidato la scelta di Conte di giocarsi il passaggio del turno con undici calciatori che abitualmente non rientrano nella formazione titolare, con tutte le difficoltà che ne derivano in termini di qualità, intesa e applicabilità delle classiche idee di gioco. Una mentalità vincente, ma non troppo. All’allenatore piace procedere per gradi. Prima si consolida un concetto, poi si passa a quello successivo. Il Napoli forse ne aveva bisogno, dopo il ridimensionamento delle aspettative conseguente al decimo posto della scorsa stagione. Ma per avere la certezza che questo piano funzioni bisognerà aspettare quantomeno quattro mesi, quando saranno più chiare le ambizioni da scudetto. Intanto, al Napoli resta la scottatura di un’eliminazione.
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