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Domani sera il ritorno della semifinale di Copa del Rey fra Atletico Madrid e Barcellona. All'andata, al Montjuïc, era finita addirittura 4-4, con la rimonta in extremis dei colchoneros, allenati dal Cholo Simeone. E a proposito dell'allenatore dei madrileni, oggi vogliamo fare un focus sui due stili di gioco che hanno caratterizzato queste due squadre nel tempo e continuano, seppur in parte minore, a farlo oggi. Cholismo vs tiqui taca: Atletico contro Barça.
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Da calciatore, Diego Pablo Simeone è stato un leader carismatico, dotato di grinta, dinamismo e resistenza, ma forse la dote che tutti si ricordano era la sua spiccata capacità realizzativa. Più di 100 reti in carriera per un centrocampista, che da allenatore si è fatto decisamente più 'difensivista'. La sua storia si lega a quella della seconda squadra della capitale iberica nel 2011, quando assume la guida della prima squadra. Da allora, due campionati di Spagna, una Coppa del Re, una Supercoppa e quattro successi anche in campo internazionale, con i bis in Europa League e Supercoppa Uefa. Tutti contraddistinti da un calcio maschio, virulento e cinico all'ennesimo potenza, che esalta il rigore difensivo e la capacità di saper sfruttare ogni occasione concessa in ripartenza. Criticato da molti per essere un gioco rinunciatario, passivo, anti-estetico, Simeone ha inanellato una serie di successi che hanno zittito gli oppositori, guadagnandosi il rispetto in un Paese che prima conosceva solo due Big.
L'apice del Cholismo è stato raggiunto con la finale di Champions League contro gli acerrimi nemici del Real, vittoriosi nel 2014 solo ai calci di rigore nella notte di San Siro. Prima De Gea, poi Courtois, ora Oblak: l'estremo difensore dev'essere di prim'ordine per poter praticare un calcio senza margine di errore in difesa. Ma è la retroguardia il fiore all'occhiello di Simeone. Negli anni, in maglia rojiblanca, sono passati profili del calibro di Diego Godin, Miranda, Stefan Savic, Filipe Luis e Juanfran, per non parlare dei più recenti Witsel e Azpilicueta. Un mediana poi naturalmente d'acciaio, con Koke punto di riferimento e collante intergenerazionale, e un attacco senza pietà contropiede. David Villa, Diego Costa, fino agli attuali Griezmann e Julian Alvarez: un 'vero nove' non è mai mancato al Cholo. A differenza del 'falso nueve' concepito da Guardiola.
Per molti, il miglior sistema di gioco che il calcio abbia mai avuto. Per altri, un'inutile e sterile possesso palla prolungato atto unicamente a stancare gli avversari. A Barcellona è quasi una religione, si chiama tiqui taca. Espressione partorita dal giornalista spagnolo Andrés Montes, il quale, durante il commento ai Mondiali 2006, descrivendo il calcio praticato dalla nazionale iberica di Luis Aragonés, disse: "Estamos tocando tiqui-taca, tiqui-taca". Come a dire, è un continuo tic tac, come le lancette dell'orologio. Passaggi brevi e triangolazioni continue, senza mai, mai, mai buttare via il pallone. Per qualcuno si tratta di un'evoluzione del calcio totale dell'Olanda di Cruyff, per altri già esisteva ai tempi del Dream Team del fuoriclasse Orange. Nella pratica, però, è stato Pep Guardiola il primo a renderlo vincente. Non ci fosse stato Lionel Messi, forse ora saremmo qui a parlare di tutt'altra cosa, ma il centrocampo Xavi-Iniesta, con l'aggiunta successiva di Busquets, ha rivoluzionato il modo di pensare calcio.
Gli allenatori emergenti si ispirano a questo modo di giocare. Dalla costruzione dal basso all'impiego del portiere come primo regista: il tiki taka è in costante evoluzione, anche se ha conosciuto qualche battuta d'arresto negli anni. Con Luis Enrique, il Barcellona ha vinto tutto, il Sextete passato alla storia come la consacrazione del calcio moderno, come se qualunque altro modo di giocare fosse sbagliato. I recenti fallimenti del club catalano hanno dimostrato però che non esiste un calcio più vincente degli altri (si veda il Real Madrid di Zidane ad esempio), ma sicuramente si può parlare di una versione più estetica, più bella di sviluppare l'azione. "Lo spazio è il mio centravanti", la celebre massima di Guardiola per spiegare cosa significa attaccare la profondità in uno sport sempre più dettato da tattica ed organizzazione capillare. L'invenzione del falso nueve è forse uno dei più grandi colpi di genio della storia del pallone. Ha cambiato completamente il modo di concepire calcio. Una nuova scuola di pensiero.
E allora, cholismo o tiqui taca, a voi la scelta. Ricordando, però, che non esiste o bianco o nero. Lo dimostrano i dati sul possesso palla dell'Atletico Madrid dei giorni nostri e i tantissimi gol in contropiede segnati da Raphinha e Yamal con Flick. Il calcio è un continuo divenire, è fluido nel suo essere e non rimane confinato in nessun diktat tattico. Simeone e il Barcellona hanno fondato due filosofie di pensiero diametralmente opposte, due scuole da cui trarre esempio ed imparare. Domani, un altro capitolo di questa meravigliosa saga.
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