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100 anni fa il derby Viareggio-Lucchese divenne un affare di Stato: un colpo di pistola e la rivolta popolare…

Derby e storia fra Viareggio e Lucchese

I giorni tra il 2 e il 4 maggio del 1920 furono storici non solo per il calcio: il derby tra Viareggio e Lucchese finisce a colpi di pistola, una guerriglia che sfocia in rivolta popolare negli anni del biennio rosso.

Redazione DDD

Nel 1920, il 2 maggio, allora era domenica, lo Sporting Club Viareggio sfidò sul campo di Villa Rigutti l’Unione Sportiva Lucchese. La partita, anche se era stata considerata “a rischio”, fu diretta dall’arbitro lucchese Rossini e il guardalinee fu il viareggino Augusto Morganti, ex ufficiale di complemento in congedo. Il primo tempo si chiuse con la formazione locale in vantaggio di due reti, poi nella ripresa la Lucchese riuscì a pareggiare. A tempo non ancora scaduto e mentre la Lucchese subiva il gioco dei viareggini, l’arbitro fischiò la fine della gara. Questa decisione non piacque al Morganti che protestò energicamente, mentre in campo, come raccontano le cronache del quotidiano Il Tirreno, i giocatori delle due squadre vennero alle mani. Lo spettacolo infiammò il pubblico, e circa quattrocento spettatori si riversarono nel rettangolo di gioco dando origine ad una violenta rissa. Per ristabilire l’ordine intervennero la pubblica sicurezza e sette militari, che riuscirono a fatica a portare all’interno dello spogliatoio del campo sportivo i giocatori della Lucchese, trattenendo all’esterno la folla in tumulto. All’arrivo dei carabinieri, la folla indietreggiò, urlando nuove minacce nei confronti dell’arbitro, dei giocatori della Lucchese e della forza pubblica. Poi, quando sembrava scongiurato il pericolo di uno scontro, ecco il dramma. Un colpo esploso dalla rivoltella del carabiniere Natale De Carli raggiunse al volto, a bruciapelo, Augusto Morganti, ferendolo mortalmente.

Lo storico derby Viareggio-Lucchese del 1920

Si scatenò una vera propria rivolta popolare. Gino Sartori, il commissario regio che amministrava il Comune di Viareggio, appena seppe di come era degenerata la situazione, informò il Prefetto di Lucca che dispose l’invio di un contingente di militari e richiese consistenti rinforzi al Ministero dell’Interno. Nel frattempo i rappresentanti della Camera del Lavoro, dopo aver dichiarato lo sciopero generale ad oltranza, presero in mano le redini della rivolta ed iniziarono, con la mediazione dell’onorevole Luigi Salvatori, una difficile trattativa con le autorità politiche e militari per il ritorno alla normalità senza conseguenze per chi aveva partecipato ai disordini. La preoccupazione del Governo fu subito grande, ipotizzando anche che dietro i fatti del derby di Viareggio potesse esservi una regia occulta di origine straniera. Il comportamento del Prefetto che scelse la via del dialogo con i rappresentanti dei “rivoltosi” fu valutato negativamente tanto che con un telegramma di poche righe Francesco Nitti, Presidente del Consiglio, lo sospese dall’incarico e passò tutti i poteri al generale Nobili con l’ordine di ristabilire immediatamente l’ordine e la legalità. Per tre giorni, dal 2 al 4 maggio, Viareggio fu isolata dal resto del territorio, e mentre sul palazzo del Municipio sventolava il nero vessillo dell’anarchia, improvvisate “guardie rosse” si opponevano dietro precarie barricate allo Stato che mobilitò esercito e marina.

Poi, dopo i funerali di Augusto Morganti, che si svolsero alle ore 16 del 4 maggio, la rivolta si placò.

 

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