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Portogallo, il Tribunale di Lisbona: “Insultare durante una partita di calcio? Si può fare, in campo è tutto diverso”

Bene...ma si può fare...secondo i giudici portoghesi...

Farà discutere il pronunciamento della corte di Lisbona che ha respinto la querela di un allenatore contro un dirigente avversario: insultare qualcuno a una partita di calcio è una cosa, insultare fuori da un campo di calcio è un'altra cosa

Redazione DDD

Insultare qualcuno a una partita di calcio è una cosa, insultare fuori da un campo di calcio è un'altra cosa. Lo hanno sancito i giudici della IX Sezione penale della Corte d'appello di Lisbona che, quattro mesi fa, avevano confermato una sentenza di primo grado, in cui si decise di non sottoporre a giudizio coloro che erano coinvolti in un procedimento penale di offesa all'onore, intentato da un allenatore contro un dirigente avversario. "Vai laggiù in spogliatoio, vai, ma tu figlio di puttana sei una merda". Questo è ciò che un allenatore ha sentito da un dirigente avversario e che ha sporto denuncia in tribunale. Insulti che secondo i magistrati di seconda istanza non meritavano una punizione. Questo perché, sostengono, si tratti di "un comportamento che rivela mancanza di educazione e umiltà morale e contro le regole dell'etica sportiva, ma che è in qualche modo anche tollerato dietro le quinte della scena calcistica".

Ecco appunto...

Le parole non vennero ascoltate dall'arbitro, che, se le avesse sentite, avrebbe dovuto registrarle nel suo rapporto. In tal caso, il dirigente sarebbe molto probabilmente sanzionato dalla giustizia sportiva. Tuttavia, per i giudici della nona sezione penale del Tribunale di Lisbona, il comportamento di tale agente sportivo non era riprovevole e le espressioni fornite dovrebbero essere inquadrate nel "mondo dello sport, in particolare il calcio". E, in questo mondo, i giudici ritengono che “non si può ritenere che abbiano raggiunto un livello di oscenità e maleducazione del linguaggio, né si siano scontrati con il contenuto morale della personalità del bersaglio, né per raggiungere valori che siano eticamente e socialmente rilevanti dal punto di vista del diritto penale". Nella sua decisione, il tribunale portoghese valuta persino che le parole pronunciate dal delegato sull'allenatore “in un ambiente calcistico non hanno altro significato che la semplice verbalizzazione di parole oscene, essendo assolutamente incapace di rimettere in discussione il personaggio, il suo buon nome o la sua reputazione".

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